Qualunque sia il tannino, il materiale di partenza è rigorosamente vegetale (il legno, la corteccia, il frutto, la buccia, il guscio o l’escrescenza di una foglia a seconda della specie da cui si parte), e il prodotto si ottiene per semplice estrazione con acqua a caldo o per macinazione.
Si tratta dunque di prodotti assolutamente naturali, e provenienti da fonti rinnovabili, perché ottenuti da frutti o foglie, o, se estratti dal legno, gli alberi sono comunque coltivati, dunque vengono continuamente ripiantati dai vivai, come si fa col nostro pioppo per la carta.
Ecco le principali essenze da cui i tannini sono ricavati.
Il Quebracho, dallo spagnolo “quiebra hacha”, ovvero che “spacca l’ascia” per la sua durezza, ricavato dal legno di un albero che cresce solo in una zona nel nord dell’Argentina.
La Mimosa del Sud Africa, albero del tutto simile alla mimosa dei nostri giardini, e che concentra tutto il suo tannino nella corteccia.
La Tara, dalla buccia del frutto di un albero che cresce in Perù, la Caesalpinia Tinctoria.
Il Castagno, dal legno di questa essenza tipica dell’Europa mediterranea.
E poi il Mirabolano, il Sommacco, il Gambier, la Vallonea, la Quercia, le Noci di galla…
Le caratteristiche uniche dei tannini sono inimitabili (per fortuna!) utilizzando altri processi produttivi con prodotti concianti non naturali.
E l’uso conciario non è nemmeno il solo: i tannini vengono utilizzati anche per i mangimi degli animali, per l’enologia, per i pannelli di truciolato, per il cartone ondulato, per il trattamento delle acque, per i convertitori di ruggine, per la trivellazione dei pozzi petroliferi, nelle miniere…
Allora, lunga vita ai tannini e alla pelle conciata con i tannini vegetali.
E lunga vita a tutti noi con i tannini, antiossidanti e anti-invecchiamento naturali, che troviamo anche in un buon bicchiere di vino rosso, nella cioccolata, nel tè, nel caffè, e anche in tanti frutti.